from 'Working Geographies. RESÒ International Art Exchange Residency Program', Mousse Publishing, 2015
Ottavia Castellina's protographs are appearing figures. Faces, objects and settings are simply compositional elements, sought intentionally or by chance, used by the artist to narrate worlds. Spaces that are private, intimate, sheltered and – to use a favorite adjective to Castellina – exclusive. When exclusivity is a synonym, however, for exclusion, marginal status. Her work exists precisely in that margin, halfway between inside and outside. Where the interspace between one dimension and the other is occupied by the shutter of her camera. Castellina uses no filters in her research. Feminine portraits, close-ups and details of objects that show unusual geographies and textures thus reveal microworlds she crosses in silence. Her work feeds on gestures and gazes, and words simply represent a useful tool to connect people and to create links of meaning between one subject and another.
In the context of Resò, in 2012 Ottavia Castellina was a resident at the Khoj International Artists’ Association in New Delhi. Fascinated by several articles on the public safety of Indian women, and the introduction by the governments of New Delhi and Mumbai of “Ladies’ Special Trains” (set aside for the growing population of female commuters), Castellina began her residency by traveling. Tracing the path that separates the private dimension of these women as wives and mothers from their status as workers means crossing a zone of passage, for this artist. An exclusive threshold where the guarantee of safety of the women from possible abuse and molestation is transformed into a unique moment of sharing among persons of the same gender. In India, in fact, the opportunities for close socializing among women outside the home are still rare. The price of the uniqueness of these trains, which some see as a matter of privilege, is instead very high. Castellina thus grasps this “non-inclusion,” gradually revealing all its nuances. Phrases taken, or borrowed, as the title of the project (L)ending Lines indicates, and photographs that almost like snapshots capture smiles and thoughtful looks, are the sum of unexpressed hopes, fears and cultural contradictions experienced firsthand.
The result of the work is a perfect balance of memories, lived emotions, crossings and collaborations that developed during the residency. In this way, the installation includes 34 small travel journals, each with one photograph and a written note about that specific encounter, joined by a sound installation with three voices that reproduce some of the gathered conversations. In this blurry magma between reality and escape from it, the figures of Ottavia Castellina are in transit. They are signs on white pages, ready for another journey.
Claudio Cravero
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Le fotografie di Ottavia Castellina sono figure che appaiono. Volti, oggetti e ambienti altro non sono che elementi compositivi, volutamente ricercati quanto casuali, utili all’artista per raccontare mondi. Si tratta di spazi privati, intimi, protetti e – per ricorrere a un aggettivo caro a Castellina – esclusivi. Quando l’esclusività è però sinonimo di esclusione, marginalità. Ed è esattamente su questo margine che si colloca il lavoro dell’artista. Quello stare a metà tra il dentro e il fuori. Dove l’interstizio tra l’una e l’altra dimensione è occupato dall’otturatore della sua macchina fotografica. Castellina non adotta filtri nella sua ricerca. Ritratti femminili, close-up e dettagli di oggetti che riportano geografie e texture insolite sono così rivelatori di micromondi attraversati dall’artista in silenzio. Il suo lavoro si nutre infatti di gesti e sguardi; le parole rappresentano solo uno strumento utile a connettere persone e creare legami di senso tra un soggetto e l’altro.
Nell’ambito di Resò, Ottavia Castellina è stata residente nel 2012 presso la Khoj International Artists’ Association di New Delhi. Incuriosita dalla lettura di alcuni articoli riguardanti la sicurezza pubblica delle donne indiane e l’introduzione, da parte dei governi di New Delhi e Mumbai, dei “Ladies Special Trains” (treni particolari riservati alla crescente popolazione di lavoratrici pendolari), Castellina ha iniziato la sua residenza proprio viaggiando. Percorrere il tragitto che separa la dimensione privata dell’essere mogli e madri di queste donne e il loro status di lavoratrici significa per l’artista attraversare una zona di passaggio. Una soglia esclusiva, per l’appunto, dove la garanzia alla sicurezza delle donne contro possibili abusi e molestie si trasforma per le pendolari in un momento unico di condivisione tra persone dello stesso genere. In India, infatti, sono ancora rare le occasioni d’intima socializzazione femminile al di fuori delle mura domestiche. Il prezzo dell’unicità di questi treni, che per alcuni ha il sapore del privilegio, è invece molto alto. Castellina coglie dunque questa “non-inclusione”, rivelandone a poco a poco tutte le sfumature. Frasi prese (o da prendere) a prestito – come recita il titolo del progetto: (L)ending lines – e foto che, quasi come istantanee, colgono sorrisi e sguardi pensierosi, sono la somma di speranze inespresse, paure e contraddizioni culturali sperimentate in prima persona.
Il risultato del lavoro è un perfetto equilibrio tra ricordi, emozioni vissute, attraversamenti e collaborazioni nate nel corso della residenza. L’installazione include trentaquattro piccoli journal di viaggio, ognuno riportante una fotografia e una nota scritta di quel preciso incontro, affiancati da un’installazione sonora a tre voci che riproduce alcune delle conversazioni raccolte. In questo magma indistinto, tra realtà e fuga dalla realtà, le figure di Ottavia Castellina sono appunti in transito. Segni su pagine bianche pronte per un altro viaggio.
Claudio Cravero